Dopo il crollo delle vendite di automobili registrato a gennaio (-32,6% su base annua), anche il nostro governo, come quelli di USA, Francia e Germania, sta predisponendo un piano di aiuti al settore automobilistico. Si tratterebbe di circa 750 milioni di euro, destinati a finanziare un bonus-rottamazione (ciascuno di 1000 o 2000 euro, a seconda delle emissioni inquinanti dell’auto). L’obiettivo: arginare la perdita di posti di lavoro nel settore (300mila posti a rischio, a detta della Presidente di Confindustria Marcegaglia). Secondo il Centro Studi Promotor (CSP) di Bologna, l’operazione avverrebbe a costo zero: “…con l’erogazione di 1500 euro per ogni acquisto… si può stimare che le persone che usufruiranno degli incentivi nel 2009 saranno 500mila di cui 300 mila …gli acquisti indotti dal sussidio… si può ipotizzare che le vetture acquistate in più abbiano un prezzo medio di 15mila euro e siano di conseguenza gravate di Iva mediamente per 2.500 euro. Ne consegue… che il maggior introito per l’Erario sarà pari al numero delle auto acquistate in più (300mila) moltiplicato per l’Iva media (2.500 euro)”. Cioè proprio i 750 milioni dell’esborso previsto. Fonte
La teoria microeconomica suggerisce che un sussidio produce i seguenti effetti sul settore interessato: 1. riduce il prezzo pagato dai consumatori (da P1 a PB nella Figura) accrescendone la domanda (da Q1 a Q2 ); 2. accresce il prezzo (da P1 a Ps), la quantità offerta ed i profitti per le imprese produttrici ; 3. genera un esborso di denaro pubblico pari al sussidio unitario moltiplicato per le vendite (area BCDEF). La cosa interessante è che quanto pagato dallo stato eccede quanto ottenuto da consumatori (FE) ed imprese (BC). Un sussidio comporta cioè uno spreco di risorse (una “perdita secca”, l’area D), e questo perché esso fa sì che il prezzo pagato dal consumatore(PB), che misura quanto egli valuti il bene, diventa inferiore al costo che la società sostiene per produrlo (PS): la società utilizza in modo inefficiente le risorse. Dobbiamo poi tener conto anche di altre ripercussioni di carattere generale: 4. il sussidio genera nuovo gettito (dagli extra-profitti e dalle nuove vendite); 5. la domanda di altri beni durevoli cade (si comprano meno tv al plasma o lavatrici) e dunque cadono le entrate tributarie da queste fonti; 6. si riduce la domanda futura di auto (il sussidio è temporaneo); 7. le lobbies di altri settori hanno buone ragioni per battere cassa col governo, dichiarandosi altrettanto meritevoli nonché danneggiate.
Qual è, approssimativamente, l’ordine delle grandezze in gioco (tralascio ora 6,7)? Supponiamo che, a causa di capacità in eccesso, le imprese siano in grado di aumentare la produzione senza incorrere in aumenti dei costi unitari (la curva di offerta S è piatta), e prendiamo per buone le previsioni (temo ottimistiche) del CSP circa l’aumento delle vendite ottenute da bonus (medio) di 1500 Euro (da 300mila unità). Si ottiene che il sussidio comporta un onere diretto (1) di 600 milioni e beneficia gli acquirenti di nuove auto per 420milioni (2) . Aggiungiamo poi le entrate addizionali dell’IVA sulle auto acquistate in più, e deduciamo le minori entrate fiscali sul minor consumo degli altri beni (in particolare quelli durevoli). La letteratura (3) suggerisce che per ogni 100 euro di maggior spesa per un’auto di piccola-media cilindrata, se ne spendano tra i 25 ed i 90 in meno per tutti gli altri beni (a cominciare da lavatrici, hi-fi etc.) . Nel primo caso, poco plausibile a causa della crisi e della restrizione del credito al consumo, gli oneri per il bilancio sarebbero bassi, 15 milioni (4), e la società ne trarrebbe un “guadagno netto” di 405 milioni (= 420 dei consumatori -15 di oneri per lo stato). Nel secondo caso, temo molto più verosimile, gli oneri per il bilancio sarebbero ingenti, 522 milioni di euro (5), e la società avrebbe una perdita secca per 102 milioni di euro (522-420).
Resta poi l’argomento “strategico” che non sussidiare il settore automobilistico quanto tutti gli altri paesi lo fanno danneggerebbe la nostra economia. E’ lo stesso identico argomento usato per sostenere il protezionismo, e discuterlo richiederebbe molto spazio. In breve, sprecare le risorse pubbliche non è consigliabile neppure se gli altri paesi lo fanno. Infine, il problema forse più serio del sussidio alla rottamazione (tralascio congestione, inquinamento acustico e dell’aria) è questo (v.7): con questa misura si apre il vaso di pandora della corsa agli aiuti settoriali di stato: aiuti i cui effetti si neutralizzerebbero a vicenda, e che potrebbero compromettere, questi sì, la sostenibilità del debito pubblico.
(lavoce.info, 5/2/09; RGE European EcoMonitor, 9/2/09)
Note
1 Il sussidio unitario, al netto dell’iva al 20%, è sn = 1500 x (1-0,2) =1200, che moltiplicato per le unità vendute, 500,000, dà 600milioni.
2 Dato dall’area = sn ½ (Q1+Q2) = 1200 x ½ (200mila+ 500mila)
3 Si veda Berry, Levinsohn e Pakes, “Automobile Prices in Market Equilibrium”, Econometrica, 1995, pp841-890.
4 Le nuove entrate Iva sono = 0,2 x nuova spesa in auto x (1- 0,25) = 0,2 x (13.800 x 500.000 -15.000 x 200.000) x 0,75 = 585 milioni, da cui l’esborso netto per lo stato è 600-585 = 15milioni
5 Le nuove entrate Iva sono ora = 0,2 x nuova spesa in auto x (1- 0,9) = 0,2 x (13.800 x 500.000 -15.000 x 200.000) x 0,1 = 78 milioni, da cui l’esborso netto dello stato è 600-78 = 522milioni
Esercizio di stile di algebra lineare livello 0 (tardo liceo classico). Peccato che nella cruda realtà le relazioni proposte NON sono lineari. Una lettura di Onsager e Prigogine sarebbe propedeutica. Il mondo reale non è lineare. Purtropo e per fortuna.
Non sono in grado di fare affermazioni circa la correttezza dell’analisi quantitativa, ma condivido il principio che l’aiuto ad un settore specifico altera la concorrenza e il meccanismo di allocazione delle risorse. Il fatto che il governo ricorra sovente a questo espediente credo dipenda da due considerazioni: è semplice da applicare e stimare, ed è un aiuto indiretto ad un’azienda nazionale ben precisa (quindi è una misura in odore di protezionismo). Mi chiedo tuttavia quale potrebbe essere l’alternativa, dovendo stimolare il consumo: una riduzione dell’aliquota iva generalizzata (almeno a tutti i beni durevoli) e forse in una finestra temporale ben determinata? Oppure un intervento sulle imposte dirette, che però non offre alcuna garanzia di impatto sulla propensione al consumo? La prima mi piace di più anche se potrebbe riservare sorprese forse più sgradevoli in termini di contrazione del gettito, e d’altro canto potrebbe essere psicologicamente meno attraente dei “1500€ per la sostituzione dell’auto”.
Bstucc:
penso anch’io che il mondo non sia lineare. Ma per fare i conti (come mi prefiggo qui), qualsiasi relazione può essere approssimata da una retta nell’intorno di un punto(l’equilibrio): si chiama serie di Taylor e gli economisti ne fanno ampio uso.
ato:
Penso cha la ragione principale sia di “political economy”: gli interessi dei consumatori sono molto dispersi e difficili da coordinare, al contrario di quelli della lobby delle auto. Se l’obiettivo è salvare posti di lavoro, è meglio ridurre l’onere fiscale sul lavoro per le imprese (anche perchè se i beni durevoli che vengono sostituiti alle auto (tv, etc) sono più intensivi di lavoro, l’effetto complessivo è di ridurre l’impiego). Se è quello di sostenere la domanda, meglio aumentare la spesa pubblica in infrastrutture.
Grazie per la tua risposta. Convengo sulla ragione ispiratrice “political economy”. Aggiungo qualche considerazione: mi spiace che siano prevalentemente qualitative, per cui ben oltre il back-of-the-envelope. Prendile con largo beneficio d’inventario.
1) l’auto è stato uno dei settori più colpiti e illuminati dai media, anche non correttamente. A fine 2008 si sono contate 2,15m di nuove targhe contro 2,5m del 2007 (-14%), ma la tv tirava fuori percentuali più drammatiche, contribuendo al panico generale. Comunque prima di vedere un miglioramento rispetto al 2008, bisogna aspettare almeno il Q2, perchè il primo trimestre 2007 fu molto forte. Quindi non credo che la manovra faccia molto sul piano dello stimolo psicologico.
2) Tra i due obiettivi alternativi che poni, mi convince di più il discorso di stimolo alla domanda, che potrebbe portarsi dietro un miglioramento della fiducia delle imprese, ma preferirei che si agisse sulla domanda privata ponendo, se fosse possibile, dei limiti temporali per accelerare la risposta del sistema.
3) Sulla spesa pubblica, non dubito dell’efficacia del moltiplicatore nè del bisogno di infrastrutture in Italia, ma il meccanismo aumenta la ricchezza solo se la spesa è efficiente e noi abbiamo un pessimo record in materia. Inoltre, poichè il paziente è in arresto cardiaco servirebbe un intervento immediato, ma l’apertura di cantieri è operazione terribilmente farraginosa e se venisse accelerata per ragioni di emergenza, una conseguenza molto probabile sarebbe un aumento dell’inefficienza: opere inutili, gare non corrette, vincitori sub-ottimali, per tacere di casi patologici.
Concludo segnalandoti un lapsus nella spiegazione del modello. Nella frase “…e questo perché esso fa sì che il prezzo pagato dal consumatore(Ps), che misura quanto egli valuti il bene, diventa inferiore al costo che la società sostiene per produrlo (PB)” credo che PS e PB vadano invertiti.
edit: “….il primo trimestre [2008] fu molto forte”. lapsus mio, sorry.
Ottimo commento,molto informativo. Concordo su tutto
Serie di Taylor (approssimazione locale). Le usavo all’asilo, o poco dopo. Però la serie è infinita, e magari sarebbe intressante non fermarsi all’approssimazione lineare (grado 1), ma prendere in considerazione anche i termini di grado più elevato (2 o 3, secondo la parità). Difficile? Eh già, è quello che dicevamo..