In occasione delle celebrazioni per il 60 anno dalla firma del trattato di Roma di fondazione della Comunità Europea il Movimento 5 Stelle ha pubblicato il Libro a 5 Stelle dei Cittadini per l’Europa . Questo contiene il progetto con cui il Movimento intende “cambiare radicalmente le politiche europee” . Il documento è di agevole lettura: escludendo gli spazi dedicati ai titoli dei capitoli, si tratta di 8 pagine di cui circa 5 scritte a metà, per un totale di circa 5 cartelle e mezzo. In esse vengono affrontati i seguenti 7 temi: Mercato unico e commercio, Economia e unione monetaria, Schengen immigrazione e sicurezza, Politica estera e difesa, Budget europeo, Capacità di “decidere e indirizzare”, Energia, materia e resilienza. Dunque il libro dedica circa 0.79 pagine a ciascuno dei grandi temi europei elencati sopra. Vista l’esiguità del materiale sarebbe forse ingeneroso attendersi grande originalità, per non dire profondità, delle proposte. Mi limito qui a sintetiche osservazioni, nello spirito del Movimento. Il documento
- è scritto in un Italiano stentato.
“I paesi che si rifiutano (di fare che?) devono essere sanzionati”(p.7),
“L’Unione europea deve rimettere al centro del potere decisionale il cittadino incrementando la sua (del cittadino?) rappresentatività..” (p.13).
“..Questa situazione (la dipendenza energetica) pone tutti i cittadini europei in una condizione di estrema vulnerabilità, che mette a dura prova l’economia reale, la sicurezza, la prosperità di lungo periodo e l’assenza o meno di conflitti economici (che??) bellici o tensioni sociali, all’interno come all’esterno del nostro territorio”(p.15) - Nei temi economici il documento è ideologicamente affine alle posizioni ultra-protezionistiche che accomunano l’estrema destra di Trump, la destra post-fascista-sovranista europea ed i movimenti no-global: si oppone ai trattati commerciali TTIP, CETA, alla concorrenza (sleale) , e alle importazioni (di olio tunisino, arance marocchine, grano ucraino, e riso asiatico “(sic, p.2). Non ci si chiede mai quali ripercussioni le politiche protezionistiche avrebbero sui consumatori e sulle nostre imprese esportatrici.
- In particolare le proposte economiche riflettono un’ ideologia di decrescita pauperistica e autarchica (implementazione di economia circolare, Km zero, auto-consumo energetico, p.15), dove prevalgono giudizi morali e mancano completamente riscontri fattuali. Ad esempio, la competizione fiscale tra Stati che molti economisti giudicano un fattore di equilibrio rispetto alla corruzione politica è considerata “condotta immorale ” da sanzionare imponendo alle multinazionali (quelle che violano i diritti umani nei Paesi terzi, p.7) di risarcire gli Stati danneggiati (p.4).
- La tutela delle piccole e medie imprese (dalla concorrenza, dai paesi in via di sviluppo , dalle multinazionali) è il vero mantra del documento: mai questo si chiede perché, queste PMI in Italia non riescano quasi mai crescere.
- L’uscita dall’Euro è proposta in chiave ambigua: ” Se non fosse possibile raggiungere compromessi accettabili in questa direzione (riforma della governance), riteniamo irrinunciabile restituire agli Stati membri sovranità in ambito economico monetario “(p.4). Invece il documento sposa decisamente la monetizzazione del debito (e dunque via libera alla tassa da inflazione, p.5)
- Il problema del bilancio europeo non è che è insufficiente, ammontando a circa l’uno per cento del PIL della Comunità. Il problema, a Bruxelles come a Roma, sono gli stipendi dei parlamentari europei, le agenzie europee non produttive, i finanziamenti (quali?) destinati alla propaganda UE, le troppe sedi del Parlamento e, ovviamente, il fatto che il piano Juncker prevede fondi per grandi opere e non per…le PMI (p.11).
- Come la destra estrema americana, europea ed i movimenti no-global, il M5S è pervaso dalla retorica della democrazia diretta, che, com’è noto, altro non è che finzione autoritaria di democrazia. Ad esempio il documento propone che “vincoli economici” dei trattati (a partire dal Patto di Stabilità) vadano soggetti a Referendum nazionali. Resta da capire cosa succederebbe se i risultati differissero tra gli Stati membri.
- Le 22 righe dedicate alla politica estera (p.9) sostengono che il fine della creazione di un esercito europeo debba essere non la difesa comune, ma”razionalizzare la spesa per la difesa, eliminando sprechi e doppioni per reinvestire i risparmi nel sociale, rifiutando la logica della corsa agli armamenti” (sic); le sanzioni contro la Russia andrebbero rimosse perché “provocano perdite ingenti all’ economia degli Stati membri e in particolare (…!) alle piccole e medie imprese”.
E’ chiaro che gli estensori di questo documento non hanno la benché minima conoscenza in materia di economia, politica e diritto internazionale. Sarebbe auspicabile che il Movimento a 5 Stelle, che nei sondaggi risulta essere il primo partito italiano, colmasse al più presto queste lacune.