Il Documento di programmazione economica recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri (DEF, Documento di economia e finanza, si veda qui) si pone l’obbiettivo ambizioso portare il deficit di bilancio dall’attuale 4,6 % del PIL di oggi, allo 0,2% entro il 2014. Per farlo, dice il Ministro Tremonti, non saranno sufficienti tagli già fatti nel 2010 (ai costi della p.a, alla spesa farmaceutica, alle prestazioni di invalidità, agli stipendi e assunzioni nel pubblico impiego) : ci vorrà una manovra addizionale nel 2013-14 di altri 2,3 punti di PIL, circa 35 miliardi (570 euro a testa). Ho criticato il DEF anche perché si fonda su previsioni troppo “ottimistiche” sui proventi dalla lotta all’evasione: da sole permetterebbe di ottenere quasi la metà delle risorse necessarie. Anche l’anno scorso le previsioni del governo sulla crescita si erano rivelate troppo ottimistiche (il 2% contro l’1,1% realizzato nel 2010), contribuendo verosimilmente a sottostimare la manovra necessaria per giungere al pareggio entro il 2014. Gli ultimi dati diffusi dall’Istat il 15 aprile (v. tabella)
sull’inflazione mettono in luce un nuovo aspetto dell’inguaribile ottimismo governativo. Nel DEF il governo prevede che l’inflazione passerà gradualmente dal 2,3% nel 2011 al 1.8% nel 2014. Purtroppo però i nuovi dati mostrano che l’indice dei prezzi al consumo (IPCA) viaggia già intorno al 3%. Se la maggiore inflazione , unita al recente aumento dei tassi di riferimento operato dalla BCE (e alla situazione internazionale!) dovesse malauguratamente spingere in alto i tassi di interesse sul nostro debito, diciamo anche solo di un punto, gli esborsi per interessi, e i tagli necessari, aumenterebbero di circa 2,6 miliardi all’anno da qui al 2014 (più di 10,3 miliardi in totale, altri 170 euro a testa), rendendo la pillola più amara di quanto il governo lasci intendere.