Vorrei ricordare alle forze politiche che oggi insorgono contro la “dittatura dello spread” e la “perdita di sovranità”, contro la finanza internazionale e la Germania, e a quelle che si apprestano a votare contro il premier incaricato Cottarelli, quanto segue: tra maggio e dicembre 2018 verranno a scadere titoli di debito pubblico per 208 miliardi e 196 milioni di euro (293 miliardi fino ad aprile 2019, fonte Tesoro), che rappresentano circa il 12 percento (16.7 percento) del PIL previsto per il 2018. Se gli investitori dovessero decidere di non rinnovare i titoli che hanno sottoscritto che giungono a maturità, lo Stato e le banche italiane fallirebbero, sia che si resti nell’Euro, sia che se ne esca (in questo caso il default avverrebbe tassando debito attraverso la sua conversione forzosa in nuove Lire, e tassando salari e risparmi rinominandoli in una moneta svalutata e mediante la tassa da inflazione).
Restando nell’Euro perderemmo per qualche anno l’accesso al mercato internazionale del credito e, almeno temporaneamente, la sovranità politica con l’arrivo della Troika. Uscendo dall’ Euro perderemmo verosimilmente anche l’accesso al mercato internazionale dei beni e dei servizi, essendo molto improbabile che gli altri paesi della Unione Europea accetterebbero la permanenza nell’Unione di un paese che cancella i propri debiti e ricorre a svalutazioni competitive (beggar-thy-neighbour). Per qualche tempo ci verremmo a trovare in una situazione di autarchia commerciale e finanziaria ed il paese diventerebbe allora satellite di qualche potenza regionale (la Russia?): la nostra sovranità verrebbe irrimediabilmente compromessa.
Meglio tenerlo presente.