La Bozza di lavoro contenente le “linee programmatiche” del Presidente del Consiglio incaricato , il documento posto a fondamento dell’accordo politico PD-M5S, difficilmente potrebbe essere peggiore. Già nel il titolo (Linee di indirizzo programmatico per la formazione di un nuovo governo) la Bozza tradisce la propria vacuità. Non si tratta certo di una bozza di programma di governo: questa non potrebbe realisticamente contenere più di tre, massimo quattro, punti, le priorità per la legislatura. Una bozza di programma di governo dovrebbe individuare gli ostacoli che da quasi trent’anni impediscono al Paese di crescere e proporre misure atte a rimuoverli. Dovrebbe descrivere le tappe di attuazione, indicando per sommi capi i costi, le modalità di finanziamento e i benefici attesi. No, si tratta di “linee di indirizzo”, come dire, una lista di desiderata (ridurre le diseguaglianze e migliorare l’ambiente) che non contempla mai, con un’eccezione, alcun dettaglio sul come, con quali costi, quali risorse, con quali obiettivi, con quali tempi etc. In questo, il Primo Ministro incaricato si muove in perfetta continuità con il suo precedente ruolo di “garante del contratto”: garante di un documento contenente un’accozzaglia di obiettivi politici incongruenti e di somme che non tornano. Quota100 e Reddito di Cittadinanza non hanno squassato il bilancio solo perché’ gli italiani che ne hanno usufruito sono stati circa la metà del previsto: i loro riflessi su crescita e debito pensionistico si cominciano ad intravedere solo ora.
Anche in questo caso la lista dei mirabili obiettivi si muove nel modo della fantasia e ignora il vincolo di bilancio pubblico: Spese – Entrate = Variazione del Debito.
E così abbiamo tutti i “punti irrinunciabili” del M5S. Tra questi compare (punto 10) anche quello di riduzione del il numero dei parlamentari, avviando contestualmente un percorso per incrementare le garanzie costituzionali, di rappresentanza democratica, assicurando il pluralismo politico e territoriale, che pare un non tanto velato accenno a forme della farsesca “democrazia diretta” cara al Movimento; abbiamo la “lotta ai grandi evasori” (punto 13), mentre si stende un velo pietoso sulla piccola evasione di massa, ad esempio dell’IVA; ecco il salario minimo per dipendenti e autonomi, l’abolizione (per decreto?) delle differenze salariali di genere (punto 2), e pure una nuova Cassa del Mezzogiorno (punto 16). E per le imprese? Non c’e’ neppure il taglio del cuneo fiscale, perché’ (punto 2) l’obiettivo é ridurre le tasse sul lavoro, a vantaggio dei lavoratori (in tutto il documento la parola “impresa/e” compare solo tre volte).
Il collante ideologico del documento appare dunque la retorica anti-capitalista: lotta ai grandi evasori e alle multinazionali da colpire con la web-tax, intervento dello Stato (o a limite della contrattazione nazionale), e non del mercato, nel determinare i salari e nel decidere i “campioni nazionali” da finanziare (sarà Di Maio o Zingaretti a decidere quali grande progetto va messo in cantiere?). Le parole “concorrenza” e “mercato” compaiono nel documento, rispettivamente, zero e zero volte.
Ma come finanziare un mondo migliore? Al di là del “lip service” alla revisione (non taglio!) della spesa e alla eliminazione delle aliquote agevolate (quali?), la risposta è contenuta nel punto 9:
Con la nuova Commissione occorrerà rilanciare investimenti e margini di flessibilità per rafforzare la coesione sociale, promuovendo modifiche necessarie a superare l’eccessiva rigidità dei vincoli europei in materia di politiche di bilancio pubblico. Occorrono regole orientate anche alla crescita non solo alla stabilità. Abbiamo bisogno di un’Europa più solidale, più inclusiva, soprattutto più vicina ai cittadini.
Ragazzi, la novità è che, Commissione Europea permettendo, ci si finanzia in debito!