Molti all’interno dei partiti di governo, e nel Movimento 5Stelle, stapperanno lo spumante. Dopo aver versato, a vanvera, fiumi di inchiostro e di parole contro la “dittatura dell’Euro”, con cui i burocrati di Bruxelles impediscono ai governi sovrani di finanziarsi ricorrendo alla beneamata “monetizzazione” della Banca Centrale, il governo dei Patrioti della Nazione ha trovato l’inghippo (nota 1) . L’inghippo della Legge di Bilancio, per quanto noto, sta nell’ aver indotto, tramite un accordo “volontario”, banche e assicurazione a rinunciare a dei crediti di imposta per due anni, anticipando i pagamenti di future imposte per 3.5 miliardi. Questo ovviamente equivale per le banche e assicurazioni a comprare un debito (fiscale) dello stato da riscuotersi, verosimilmente, tra due anni. La differenza con la “monetizzazione” classica è che il debito pubblico è contratto con banche e assicurazioni private anziché con la Banca d’Italia. Se questo debito verrà onorato, tra due anni queste (forse) rivedranno i loro 3.5 miliardi sotto forma di crediti fiscali esigibili. Ha voglia il Ministro Tajani a dire che “non si tratta di una tassa”. La tassa, cioè l’esborso per banche e assicurazioni e l’equivalente ricavo per il governo deriva dall’ investire/indebitarsi ad un tasso zero per due anni anziché a quello di mercato. Poiché un BTP a due anni paga un tasso di circa 2.6% , le nuove tasse pagate dalle banche e assicurazioni ammontano a 0.026×3500 milioni = 91 milioni ogni anno (in totale 184 milioni calcolando l’interesse composto). Invece di essere “temporanea”, questa monetizzazione potrebbe essere “permanente”: tra due anni il governo potrebbe non rispettare l’impegno di portare in detrazione i “vecchi” crediti di imposta (“chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato”). Si tratterebbe allora di una imposta “lump sum” di 3.5 miliardi. Mica quisquilie.
(1) In realtà , il divieto di finanziare il disavanzo pubblico imponendo alla Banca centrale di stampare moneta per acquistare titoli del tesoro, era già stato introdotto ben prima dell’Euro, nel 1981, con il la riforma (“divorzio” ) voluta da Andreatta e Ciampi