La proposta di anticipare il TFR (trattamento di fine rapporto) nella busta paga al fine di stimolare i consumi mi lascia molto perplesso.
- Si tratta di spostare redditi dal futuro al presente e sappiamo che questo fatto accresce i consumi solamente per quelle famiglie che vorrebbero indebitarsi per consumare ma non hanno accesso al mercato del credito. Per loro, il TFR costituirebbe un prestito dello stato ad un tasso agevolato (il rendimento del TFR è del 1.5 più il 75% dell’inflazione), più basso ad esempio del tasso sul prestiti al consumo. Per le altre famiglie, un aumento della busta paga ottenuto trasferendo il TFR dal futuro al presente sarebbe risparmiato per ricostituire il piano di spesa desiderato. Ai tassi attivi attuali, vicino allo zero, molte delle famiglie che riescono a risparmiare ci perderebbero, perché il rendimento del TFR è comunque maggiore del rendimento di molti investmenti a basso rischio. Dunque se l’operazione fosse su base volontaria, molti risparmiatori non aderirebbero. Aderirebbero invece quelle le famiglie indebitate, che verosimilmente utilizzerebbero il TFR per ripagare parte dei loro debiti, “prendendo a prestito” dal futuro ad un tasso più basso di quello che già pagano . Si noti che già oggi i lavoratori con almeno 8 anni di anzianità possono chiedere un anticipo di una parte del TFR per spese sanitarie o per comprare la prima casa. Riassumendo chi ha debiti aderirà, ma utilizzerà il TFR per ripagarli e non per consumare, chi ha crediti probabilmente non aderirà.
- Si avrà come detto un effetto di stimolo dei consumi solo per le famiglie che oggi vorrebbero indebitarsi per consumare, ma non possono. Ma quante sono? Probabilmente poche. Perchè da quelle più povere, che non hanno garanzie sufficienti da offrire alle banche, dobbiamo escludere quelle in cui i componenti un lavoro dipendente non ce l’hanno: perchè non hanno un lavoro (i disoccupati) o perché sono lavoratori precari (cococo) o autonomi (e quindi il TFR non ce l’hanno).
- C’è poi il problema della tassazione. Se il TRF venisse considerato come reddito imponibile e tassato all’aliquota marginale (molto più alta del 23% a cui è tassato il TFR), chi aderisse avrebbe una riduzione del proprio reddito disponibile “permanente”, e questo andrebbe a scapito dei consumi.
- Tralascio il problema della liquidità delle imprese con meno di 50 dipendenti,che potrebbe essere forse risolto ma che è parecchio complicato (si veda Patriarca su lavoce )
Il punto è : veramente Renzi e il gruppo di (bravi) economisti che lo circondano pensano che il il TFR in busta paga avrebbe un effetto diverso da quello degli 80 euro (o della sospensione della rata IMU di Letta: si tratta sempre di spostare reddito dal futuro al presente) ?